Infarto intestinale: sintomi, cause, terapia e mortalità dell'ischemia
Ultimo aggiornamento:
L'infarto intestinale è un'ischemia dell'intestino provocata da un'interruzione del flusso sanguigno dovuta, di solito, a fenomeni di tipo ostruttivo. Le cause dell’ostruzione, possono essere varie e se non trattata tempestivamente ha una mortalità elevatissima, intorno al 60 - 90%. Analizziamo le possibili terapie in funzione del tipo di infarto, che possono essere farmacologiche o nel caso di infarto arterioso, chirurgiche.
Cos'è l'infarto intestinale.
L'infarto intestinale, chiamato anche con il termine medico di colite ischemica, è una condizione patologica che si verifica quando
si ha un'interruzione improvvisa del flusso di sangue verso l'intero intestino o verso un tratto di esso.
E' un evento che rappresenta tra l'1 e il 2% delle urgenze chirurgiche addominali e colpisce prevalentemente gli anziani ma può manifestarsi anche nei bambini, in particolare nei neonati che nascono prematuri.
La prognosi è purtroppo, infausta nella maggior parte dei casi, tanto che la mortalità è compresa tra il 60 e il 90% nei soggetti colpiti.
L’interruzione del flusso sanguigno è provocata dall'occlusione totale o parziale delle arterie o delle vene che irrorano e drenano il sangue del tratto intestinale.
- Nell'infarto arterioso, si può avere l’ostruzione di due o più delle arterie che portano il sangue all'intestino (nello specifico arteria celiaca, mesenterica superiore e mesenterica inferiore) o l’ostruzione di una porzione di arteria chiamata segmento di Reiter, (più precisamente un tratto dell'arteria mesenterica superiore, da cui originano altre tre arterie “colica, colica media ed ileocolica”).
- Nell'infarto venoso, più raro, si ha l'ostruzione delle vene che portano il sangue dall'intestino alla circolazione venosa. Tale infarto è spesso correlato alla formazione di un coagulo di sangue definito trombo.
Tipologie.
In realtà le tipologie di infarto intestinale sono tre, in base al segmento di intestino colpito:
Ischemia colica.
E’ causata da una riduzione marcata della circolazione sanguigna a livello delle arterie del colon e può colpire l'intero colon o solo un tratto di esso (ascendente, trasverso, discendente, sigma). È la forma di infarto intestinale più diffusa e colpisce prevalentemente i soggetti anziani, in particolare quelli al di sopra dei 60 anni, ma può verificarsi anche in età giovanile.
Ischemia mesenterica.
Riguarda prevalentemente le arterie che irrorano l'intestino tenue. Può colpire tutto l'intestino tenue o solo un tratto (duodeno, digiuno, ileo) e può manifestarsi sia in forma acuta, con esordio improvviso, sia in forma cronica, con esordio più lento.
Trombosi venosa mesenterica.
Ad essere colpite in questo caso sono le vene del tratto intestinale, in particolare la vena mesenterica che è quella che trasporta il sangue dall'intestino alla circolazione venosa. Se la vena mesenterica risulta ostruita il sangue non arriva alla circolazione venosa ma defluisce tornando verso l'intestino e determinando gonfiori e sanguinamenti.
Come riconoscere il blocco del flusso di sangue verso l’intestino?
I sintomi dell'infarto intestinale, sono diversi in base al tratto di intestino colpito.
In particolare, possono esservi delle forme asintomatiche, che si manifestano quando non si ha l'ostruzione totale di due o più arterie ma un'ostruzione parziale. In questo caso, il flusso di sangue, seppur ridotto, continua a raggiungere l'intestino e pertanto non si manifestano sintomi.
Sintomi infarto intestinale acuto.
In altri casi invece si può avere un esordio acuto con una ben precisa sintomatologia:
- Diarrea, talvolta associata a sangue, con urgenza di defecare.
- Vomito e febbre.
- Stato di shock.
- Forti dolori addominali ad esordio improvviso.
- Ipotensione arteriosa e tachicardia.
Tra i sintomi cronici possiamo invece citare:
- Gonfiore addominale, addome globoso e dolorante, con un dolore che aumenta di intensità man mano che passano i giorni.
- Perdita di peso.
- Nausea e vomito.
- Diarrea o al contrario stipsi, con possibile occlusione intestinale.
- Sensazione di dolore e gonfiore dopo i pasti, in particolare il dolore si manifesta sottoforma di crampi ed insorge circa mezz'ora dopo aver mangiato, protraendosi per un tempo variabile da 1 a 3 ore.
Cause dell’ostruzione venosa o arteriosa.
Le cause di ischemia intestinale possono essere suddivise in due grandi categorie.
Cause occlusive.
Tra le cause occlusive, arteriose e venose, distinguiamo:
- L'aterosclerosi, che rappresenta la prima causa di ostruzione arteriosa e che è determinata dalla formazione di placche lipidiche a livello delle arterie. La presenza di “placche ateromatose” provoca la trombosi arteriosa a causa della riduzione del calibro delle arterie.
- Le embolie arteriose, come conseguenza di fenomeni di fibrillazione atriale o di endocardite infettiva o di interventi chirurgici a livello cardiaco.
- L'ostruzione meccanica, derivante da interventi chirurgici, aderenze, ernie o tumori del tratto intestinale.
- La formazione di trombi, in particolare a livello venoso, formati da coaguli di sangue, che sono frequenti in pazienti con problemi epatici, neoplastici o con disturbi della coagulazione. La presenza di un coagulo di sangue è responsabile della trombosi venosa, che si verifica quando il coagulo ostruisce la vena impedendo al sangue di passare.
Cause non occlusive.
Tra le cause non occlusive possiamo citare:
- Assunzione di farmaci ormonali come i contraccettivi e di farmaci vasocostrittori o vasodilatatori.
- Problemi a livello cardiocircolatorio come ipertensione, ipotensione, aritmia, scompenso cardiaco, ed insufficienza cardiaca.
- Problemi di coagulazione determinati da patologie genetiche come l'anemia falciforme oppure da condizioni di eccessiva viscosità del sangue.
- Assunzione di determinate tipologie di droghe come la cocaina o le metanfetamine, che provocano spasmi a livello dei vasi sanguigni.
Tuttavia queste ultime sono da considerarsi più dei fattori di rischio che delle vere e proprie cause.
Diagnosi: riconoscere l’infarto intestinale è di vitale importanza.
Diagnosticare tempestivamente l’infarto intestinale, è fondamentale per garantire la sopravvivenza del paziente quando arriva in ospedale. Tra le indagini maggiormente utilizzate abbiamo:
- Esami ematochimici: con il prelievo di sangue si osserva, nei soggetti colpiti da infarto addominale, l'alterazione di alcuni parametri, come:
- l’innalzamento della troponina, della lattico deidrogenasi e dei lattati in generale, delle amilasi e della fosfatasi alcalina, tutti parametri correlati ad un danno ai vasi sanguigni. Viene evidenziato anche un quadro di acidosi metabolica dovuto ad un eccesso di radicali acidi nel sangue.
- Tac e angio - tac: la tac con mezzo di contrasto e la sua versione specifica per valutare lo stato dei vasi sanguigni che prende il nome di angio - tac, rappresenta la tecnica di imaging di elezione per la diagnosi di infarto addominale. Mediante questa metodica è possibile individuare le anse intestinali colpite da infarto e localizzare l'eventuale occlusione che ne ha determinato la comparsa.
- Altre tecniche di imaging: tra le altre tecniche di imaging che possono essere utilizzate vi sono la radiografia addominale, l'ecografia e la risonanza magnetica. La prima tuttavia non consente di fare diagnosi differenziale di infarto addominale poiché presenta quadri clinici aspecifici e sovrapponibili a diverse patologie, la seconda è di difficile utilizzo a causa del dolore addominale, mentre la terza è scarsamente utilizzata in pronto soccorso.
- Endoscopia e colonscopia: si utilizzano per vedere, attraverso una sonda, l'intestino tenue ed il colon e comprendere se vi sono fenomeni ostruttivi. Serve per lo più per la diagnosi differenziale tra infarto intestinale ed altre patologie occlusive.
Puoi approfondire come si esegue la colonscopia.
- Chirurgia esplorativa: talvolta quando la tac o l'angio - tac non identificano l'infarto addominale o lasciano dei dubbi, l'unico modo per diagnosticare in modo sicuro la patologia è quello di aprire l'addome del paziente e sottoporlo ad un intervento chirurgico esplorativo. In questo caso la chirurgia avrà sia scopo diagnostico che curativo poiché, una volta individuato il problema, si potrà intervenire direttamente.
Prognosi e complicanze dell’infarto intestinale.
L'infarto intestinale ha una prognosi severa e in molti casi è una patologia fulminante che porta a morte il soggetto nel 100% dei casi.
Altre volte invece la mortalità è compresa tra il 60 e il 90% a causa delle complicanze che si manifestano come per esempio:
- Necrosi di una parte di intestino, cioè le cellule di quest’area, vanno incontro a morte non ricevendo più ossigeno e nutrienti attraverso il sangue. In base a quanto è esteso il danno si può perdere la funzionalità di una parte di intestino o dell'intero intestino.
- Peritonite, ovvero un'infezione del peritoneo, la membrana che riveste i visceri addominali e che viene causata dalla fuoriuscita del materiale fecale per il danno all'intestino. Questo determina uno stato di infezione addominale molto severo, che spesso è la prima causa di morte del paziente.
- Sepsi generica, ovvero l'infezione sviluppatasi a livello addominale raggiunge la circolazione sanguigna e colpisce quindi l'intero organismo.
- Stenosi dell'intestino, cioè restringimento di un tratto intestinale che deve essere rimosso per evitare l'insorgenza di un'occlusione intestinale. Questa condizione può portare il medico a scegliere di realizzare una stomia, temporanea o definitiva, cioè di creare un ano artificiale sull'addome del paziente a cui verrà applicato un sacchetto per la raccolta delle feci.
La terapia: farmacologica e chirurgica per i diversi tipi di infarto dell’intestino.
Per questa patologia, è necessario non appena il paziente arriva in pronto soccorso, stabilizzare i parametri vitali, contrastare le eventuali ipotensione e tachicardia, l'acidosi metabolica, lo shock e il dolore addominale. Una volta che l’emergenza è rientrata, si procede con la diagnosi in base ai casi, con il trattamento farmacologico o con quello chirurgico.
Trattamento con uso di farmaci.
La terapia farmacologica è indicata nel caso in cui si verifichi un infarto del colon oppure un infarto addominale venoso:
- Nel caso di infarto del colon, la guarigione, grazie alla grande rete di vascolarizzazione presente, è spesso spontanea e l'evento acuto pian piano evolve verso un quadro clinico subacuto e poi cronico. In questo caso il medico potrà prescrivere degli antibiotici per prevenire le possibili infezioni peritoneali e solitamente la durata della terapia è di 7 - 10 giorni.
- Nel caso di infarto venoso, la terapia medica prevede la somministrazione di farmaci anticoagulanti che aiutino a disgregare il trombo che ha provocato l'ostruzione della vena intestinale. Oltre a questi farmaci, vengono somministrati anche gli anti aggreganti, per prevenire la formazione di nuovi trombi e i vasodilatatori, per consentire la dilatazione dei vasi sanguigni. Questa terapia ha una durata di circa 2 - 3 mesi.
Il trattamento farmacologico viene eseguito in regime di ricovero poiché il paziente deve essere tenuto sotto stretta osservazione. Se dopo 5 - 6 giorni non si osservano miglioramenti allora si dovrà intervenire chirurgicamente.
Intervento chirurgico: l’unica strada in caso di diagnosi tardiva.
L'intervento chirurgico è la scelta di elezione in caso di infarto del tenue, infarto intestinale di tipo arterioso, nel caso in cui si abbia una diagnosi tardiva, che superi le 6 - 8 ore dall'insorgenza dell'evento oppure quando la terapia farmacologica non è stata efficace.
Lo scopo dell'intervento è quello di ristabilire la vascolarizzazione dell'intestino in modo da evitare che si abbia una massiva morte cellulare ed un danno irreparabile.
L'intervento si svolge in laparotomia, ovvero il chirurgo:
- Pratica un'incisione verticale lungo la linea ombelicale (solitamente dal processo xifoideo dello sterno alla linea pubica) e apre l'addome del paziente.
- Una volta aperto l'addome esplora la cavità addominale, per comprendere dove si è verificata l'ostruzione e il conseguente infarto. Le anse intestinali colpite, mostreranno un colore violaceo e tendente al nero e il liquido peritoneale intorno ad esse spesso ha un aspetto ematico (cioè rosso sangue).
- Identificato il sito in cui si è interrotta la vascolarizzazione il chirurgo provvede alla rimozione del tratto di intestino interessato e al collegamento dei due tratti di intestino rimanenti.
L'intervento si svolge in anestesia totale e il decorso post operatorio è di circa 7 - 10 giorni.
Cosa mangiare dopo l'infarto intestinale?
Nei primi giorni di convalescenza post intervento, il soggetto dovrà essere mantenuto a digiuno e alimentato per via endovenosa, successivamente dovrà seguire una dieta liquida o semiliquida per consentire la corretta cicatrizzazione dell'intestino.
Nel lungo periodo, per evitare recidive, è fondamentale condurre un corretto stile di vita e seguire una sana alimentazione:
- seguire una dieta ricca di frutta, verdura e cereali integrali,
- ridurre zuccheri, carboidrati, e grassi.
- non fumare;
- mantenere un giusto peso corporeo;
- praticate regolare esercizio fisico.