Pesce crudo rischi

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Pesce crudo rischi

Negli ultimi anni è notevolmente aumentato l?interesse per i rischi legati al consumo di pesce crudo. Sebbene infatti il mangiare pesce non cotto abbia sempre fatto parte della nostra tradizione, negli ultimi anni, il consumo di pesce crudo è fortemente aumentato e con esso il rischio di contrarre infezioni da virus e batteri agenti patogeni responsabili di malattie gastroenteriche anche serie.

Le patologie comuni derivanti dal consumo di pesce crudo.

I rischi che si corrono col consumo di pesce crudo sono molteplici e sono tutti conseguenze di contaminazioni di diversa natura che il pesce subire nell’ambiente marino contaminazioni che in alcuni casi possono essere abbattute con la cottura. Essi sono così classificabili:

Contaminazione da tossine.

Le tossine endogene. Alcuni pesci producono naturalmente delle tossine che saranno perciò presenti nelle loro carni. In alcuni casi dette tossine si potranno abbattere con la cottura. E’ il caso di anguille, murene e granchi. In altri come nel pesce palla o Foghu, che in Giappone viene consumato crudo ed è considerato una leccornia, è necessaria una particolare eviscerazione che solo cuochi con alto livello di specializzazione sono in grado di fare. Per altro la tossina del foghu è mortale.

Le tossine batteriche. Sono tossine prodotte da batteri che infestano il pesce. Un esempio è fornito dalla tossina botulinica. E’ una proteina neurotossica prodotta dal batterio Clostridrium botulinum. Questo può trovarsi nei sedimenti dei fondali marini a ridosso delle coste e qui contaminare branchie e apparato intestinale di pesci, crostacei e molluschi. La tossina può essere abbattuta col calore in quanto è termolabile. La refrigerazione ritarda lo sviluppo della tossina ma non l’abbatte.

Contaminazione da batteri.

Batteri che possono infestare il pesce o vivono stabilmente nelle acque marine (autoctoni) o essere estranei a tale contesto e perciò vengono addotti da scarichi e sversamenti umani
(allotoctoni).

I batteri autoctoni sono:

I batteri allotoctoni sono:

Contaminazione virale.

Ne sono interessati essenzialmente i molluschi. I virus che maggiormente possono infestarli sono: Virus dell’epatite A e Norovirus. Il virus dell’epatite A infetta cefalopodi (seppioline, polipetti e calamari) e molluschi (cozze, ostriche, etc.). Giunge a mare attraverso negli scarichi fognari con le escrezioni fecali. Ne sono infestati in maniera particolare i molluschi che per filtrando per nutrirsi grandi quantità di acqua li concentrano. Attacca il fegato e provoca una sintomatologia del tipo influenzale. I norovirus sono responsabili della tipica sintomatologia gastrointestinale.

Contaminazione da parassiti.

L’Anisakis è il parassita che più comunemente infesta il pesce, è un parassita dei mammiferi marini le cui larve possono essere ingerite da altri pesci o seppie e calamari di cui l’uomo si ciba e se li consuma crudi può essere anche esso infestato. L’infezione da anisakis, l’anisakidosi, è una infezione gastrointestinale i cui sintomi sono: nausea, vomito, dolori all’addome. L’anisakis tende a forare la mucosa della parete dell’apparato gastroenterico ed ad incistarsi nei tessuti. La reazione infiammatoria che ne consegue provoca formazione di granulomi ed ascessi che in taluni casi possono sfociare o in perforazione dell’intestino o in occlusioni con le gravi conseguenze che inducono. In alcuni soggetti il consumo di pesce infestato da anisakis può scatenare reazioni allergiche (orticaria, asma, problemi respiratori) che possono essere anche severe tanto da condurre allo shock anafilattico. La cottura del pesce, con temperature superiori ai 65°C, abbatte il parassita. Se si vuole consumare il pesce crudo ed essere in sicurezza occorre portare il pesce ad una temperatura di -20°C per almeno 24 e successivamente scongelarlo.

Puoi conoscere meglio l'Anisakis per capire come si contrae,  quali sono i possibili trattamenti e quali i rischi del parassita del pesce crudo.

L’opistorchis è un parassita che contrariamente all’anasakis infesta i pesci di acqua dolce. L’opistorchis è un verme piatto che infetta il fegato dell’uomo che è il suo ospite naturale. Le uova emesse con le feci raggiungono laghi e fiumi e qui si schiudono ed infestano pesci come carpe e tinche che se consumate crude trasmettono l’infezione ad altri soggetti. Nel fegato dell’uomo il parassita può vivere anche decine di anni provocando gravi infiammazioni del tessuto epatico ed in alcuni casi anche la morte. La cottura abbatte il parassita come anche il congelamento a -20°C per almeno 24 ore.

Ulteriore parassita dei pesci di acqua dolce che può provocare infezione nell’uomo in caso di consumo crudo è la Pseudophillidea. Questo è anch’esso un verme piatto che raggiunge anche 14 metri di lunghezza ed infesta nella sua forma larvale il pesce persico, la trota e crostacei d’acqua dolce. Se l’uomo consuma detti animali contaminati crudi contrae l’infezione e nel suo corpo le larve maturano e divengono vermi. Provocano sintomi addominali poco rilevanti e solo in alcuni casi anemia provocata dalla carenza di vitamina B12 che inducono.L’abbattimento del parassita si ottiene per congelamento a -20°C o cottura ad almeno 56°C per alcuni minuti.

Rischi del pesce crudo o cotto.

Il pesce può essere poi contaminato da tossine o sostanze chimiche che nessuna temperatura o tipo di cottura può abbattere che sono:

Le tossine algali sono prodotte da alcuni organismi vegetali marini: il fitoplancton. I molluschi bivalve che si alimentano filtrando grandi volumi di acqua marina fatalmente possono accumularne al loro interno notevoli quantità e risultare tossici. Anche alcuni crostacei e pesci che si cibano di fitoplancton possono divenire tossici. La temperatura e quindi cottura o congelamento non abbattono la tossina. La prevenzione è il consumo di molluschi raccolti e trattati in appositi centri di stabulazione e depurazione. Le tossine algali possono provocare diversi tipi di avvelenamento: diarroico, paralitico ed amnesico. Dei tre il più grave è il secondo con sintomatologia respiratoria che se grave può condurre alla morte.

Contaminazione da istamina. L’stamina è un prodotto endogeno del pesce che si ottiene dalla degradazione della istidina amminoacido contenuto nei suoi tessuti. Nel pesce appena pescato la quantità di istamina è minima ma la sua concentrazione è influenzata dalla temperatura elevata e dall’azione contaminante di alcuni batteri. Questi due fattori infatti accelerano la reazione di degradazione dell’istidina in istamina. Se il pesce contaminato da istamina viene consumato o crudo o cotto (la cottura non abbatte l’istamina) si induce una sindrome simil allergica: eruzioni cutanee, cefalea, nausea, tachicardia. Il disturbo sparisce di norma dopo 1 o 2 giorni. La prevenzione consiste nel curare rigorosamente l’igiene dello stivaggio del pescato ed il mantenimento della catena del freddo con temperature prossime a 0°C. I pesci che maggiormente sono interessati da tale contaminazione sono: Tonni, sgombri, lampughe, acciughe e sardine. L’intossicazione descritta è nota anche come sindrome Sgombroide.

Contaminazioni chimiche. Sono dovute a consistente presenza nel mare in cui vive e viene pescato il pesce di sostanze chimiche che lo contaminano e si accumulano nei suoi tessuti. Le principali sono: i metalli pesanti (mercurio, piombo, cadmio) che arrivano in mare dagli scarichi antropici, gli idrocarburi policiclici residuo di combustioni dei motori marini e i diserbanti e pesticidi che vengono addotti in mare dai fiumi. Tutti questi composti possono dar luogo a gravi intossicazioni. Intossicazioni che la cottura non può evitare. L’unica prevenzione possibile è un controllo tossicologico preventivo del pescato.

Sintomi correlati al consumo di pesce crudo contaminato.

Dato il gran numero e l’eterogeneità degli elementi che possono causare contaminazione del pesce e quindi trasmetterla all’uomo quando questi lo consuma crudo non è possibile codificare un quadro clinico univoco e questo varierà da caso a caso. Comunque la sintomatologia più comune che accompagna il consumo di pesce crudo è quella di tipo gastroenterico e quindi: nausea, vomito, dolori addominali e talvolta dissenteria. In taluni casi può aversi una sindrome di tipo allergico e quindi: eruzioni cutanee, cefalee, problemi respiratori. In taluni casi i le due sintomatologie si accompagnano.

Diagnosi dell’intossicazione.

Non è semplice. Essenziale è l’osservazione di sintomi e segni e l’analisi anamnestica. Questa ultima, che mette in luce il tipo di pesce crudo consumato, consente essenzialmente di formulare una prima ipotesi di diagnosi che poi dovrà essere confermata dalle analisi specifiche per la ricerca dell’agente infestante.

Pesce crudo in gravidanza.

Data la gravità delle intossicazioni che può provocare è buona norma non consumare pesce crudo o poco cotto in gravidanza anche se è stato abbattuto da congelamento che come visto non elimina tutti i rischi.

Notiamo in maniera esplicita che comunque il pesce crudo non può trasmettere la toxoplasmosi che è una delle infezioni più temute durante la gestazione.

Approfondimento: benefici del pesce crudo.

Il pesce crudo, in quanto tale, conserva intatti i nutrienti termolabili. I nutrienti che la temperatura abbatte totalmente o parzialmente che sono così riassumibili:
  • Vitamine del gruppo B. Precisamente: la B1 (Tiamina), la B2 (Riboflavina), la B5 (Acido pantotenico). Essenziali per la conversione dei carboidrati in glucosio e nel metabolismo proteico e lipidico.
  • Vitamina E. La vitamina E o Tocoferolo é un antiossidante essenziale che previene la perossidazione lipidica ad opera dei radicali liberi che è causa del precoce invecchiamento delle cellule e del conseguente insorgere di malattuie come: Cancro, Alzheimer, Parkinson, Diabete, Artrite reumatoide, etc.
  • Vitamina A (Retinolo). La vitamina A svolge una funzione essenziale di protezione dei tessuti epitreliali. La cottura la abbatte in maniera parziale.
  • Acidi grassi polinsaturi Omega 3. E con maggior precisione l'acido eicosapentaenoico (EPA) 25:5 ossia catena di 25 atomi di carbonio e 5 doppi legami. Gli acidi grassi polinsaturi ed in particolare gli Omega 3 abbassano notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari.

Pesce crudo nell’alimentazione: i rischi correlati al suo consumo.

Il pesce è un alimento essenziale della nostra dieta. Infatti l’Italia, in virtù della posizione geografica che occupa al centro del Mediterraneo, ha sempre avuto una millenaria tradizione marinara e di pesca. Pertanto il pescato è sempre stato una componente essenziale della alimentazione delle nostre popolazioni ed in particolare di quelle costiere ed insulari. Ma contrariamente ad altri paesi con identiche tradizioni come quelli dei mari del Nord ed asiatici, in Italia il consumo di pesce crudo è stato comunque relativamente ridotto. Ridotto e limitato solo o a precise specie ittiche o a particolari piatti della cucina regionale tipica. Infatti per secoli le popolazioni costiere dell’adriatico e dell’Italia meridionale e insulare hanno consumato crudi solo alcuni crostacei (gamberi, scampi e ricci), molluschi bivalve (ostriche, vongole, cozze, tartufi, datteri, cape sante, etc.), molluschi mono valva (patelle) e pesce azzurro in marinatura di agrumi o aceto. Negli ultimi decenni però le abitudini alimentari sono cambiate. In parte per questioni di moda con importazione di piatti come: sushi, sashini (dal Giappone), cerviche (dal Centroamerica), carpacci e tartare di pesce. Ed in parte anche per la ritrovata esigenza di consumo di alimenti freschi, naturali e perciò crudi o poco cotti. Ed è in tale contesto socio culturale che il consumo di pesce crudo ha subito negli ultimi decenni una notevole impennata. Ora se da una parte tale abitudine arreca notevoli benefici alla salute perchè il pesce crudo è più digeribile ed inoltre mantiene intatte importanti caratteristiche nutrizionali che la cottura distrugge, d’altra parte può provocare seri inconvenienti per contaminazioni ed infestazioni che si porta dietro.

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