Usi terapeutici della tossina botulinica

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La tossina botulinica può essere utile anche in campo medico. Nell’articolo, cercheremo di fornire una visione d’insieme riguardo le proprietà terapeutiche e le indicazioni di questo farmaco, nonché le controindicazioni associate al suo impiego.

Quali sono gli usi terapeutici del botulino?

In medicina il botulino è da molti anni utilizzato in svariate terapie grazie alla capacità della tossina di bloccare la liberazione del neurotrasmettitore acetilcolina responsabile della trasmissione nervosa per la contrazione dei muscoli, la secrezione ghiandolare e la percezione del dolore.

Cos’è la tossina botulinica?

La tossina botulinica è una tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum.Esistono ben sette tipi di neurotossine (A-G) ma solo i sierotipi A e B vengono impiegati in ambito terapeutico.

In Europa sono autorizzate:

  • tre formulazioni a base di tossina di tipo A, commercializzate col nome di: Botox, Dysport, Xeomin
  • una a base di tossina di tipo B commercializzata con il nome di Neurobloc.

Il Botox è la formulazione più utilizzata in quanto più simile al clostridium naturale e con maggiore efficacia e sicurezza rispetto alle altre tossine.

Puoi approfondire i rischi del botulino.

Il Botox viene quindi impiegato nel trattamento di svariate condizioni, soprattutto neurologiche, caratterizzate da anomalie nella trasmissione neuromuscolare (distonie, spasticità, disfunzioni della vescica, etc.), neuroghiandolare (iperidrosi primaria e scialorrea) e neurovascolare (emicrania).

I benefici della tossina in caso d’iperidrosi primaria.

Il botulino può essere utilizzato per contrastare la sudorazione eccessiva, principalmente a livello ascellare, dovuta a cause sconosciute (iperidrosi primaria).

L’iperidrosi primaria è un disturbo vegetativo, che si manifesta nell’infanzia e colpisce lo 0,6-1% della popolazione. Ai fini della diagnosi, è necessario che la sudorazione eccessiva si protragga almeno da sei mesi e sia associata ad almeno due dei seguenti sintomi:
  • sudorazione bilaterale e simmetrica (in entrambe le metà del corpo), che si manifesta almeno una volta alla settimana;
  • comparsa al di sotto dei 25 anni;
  • compromissione delle attività quotidiane;
  • storia familiare di iperidrosi;
  • cessazione della sudorazione localizzata durante il sonno, in quanto si pensa che alla base di tale disturbo vi sia il coinvolgimento delle emozioni, le quali non si manifestano durante il riposo.

La tossina è in grado di ridurre la sudorazione, poiché blocca il rilascio di acetilcolina a livello della giunzione neuroghiandolare.

Ma cosa dice, la letteratura, a riguardo?

Ebbene, l’efficacia del botulino è stata pienamente accertata per l’iperidrosi ascellare (raccomandazione di livello A) ma non completamente per le altre forme, benché non manchino gli studi a riguardo. Ad esempio:

  • In un lavoro di Naumann and Lowe (2001), 320 pazienti con iperidrosi ascellare sono stati randomizzati in due gruppi: quello trattato con 50U per ascella di Botox® (242 pazienti, dei quali 234 hanno completato lo studio) e quello trattato col placebo (il veicolo senza la tossina). Il botulino ha provocato una riduzione significativa del sudore, uguale o maggiore al 50%: Per quanto riguarda la sicurezza, gli effetti avversi (mai gravi) si sono manifestati nell’11% dei pazienti trattati con la tossina e nel 5% di quelli trattati col placebo (differenza non significativa).
  • Kavanaugh and Shams (2006) hanno testato l’efficacia del botulino nell’iperidrosi palmare, quando somministrato attraverso la ionoforesi (una tecnica che consente la penetrazione cutanea dei farmaci, sfruttando la corrente elettrica). Si tratta di un piccolo studio, in doppio cieco, che ha coinvolto otto pazienti, ai quali è stato somministrato il placebo (2,7mL di salina) in una mano, e 100U di tossina in quella predominante. Dopo due settimane, il botulino ha ridotto la sudorazione del 34% (valore statisticamente significativo).

In Italia, l’uso della tossina è approvato esclusivamente per l’iperidrosi primaria ascellare grave, resistente ai trattamenti topici. La seduta inizia con la prova dell’amido, necessaria per individuare la posizione delle ghiandole sudoripare; dopodiché, vengono effettuate 12-15 iniezioni intradermiche (50U per ascella), distanziate tra loro di circa un centimetro; anche in questo caso, è possibile applicare una pomata anestetica in pazienti sensibili al dolore.

Gli effetti sono visibili già dopo due giorni e possono durare fino a sei-sette mesi; l’intervallo minimo, tra un ciclo e l’altro, è di sedici settimane.

Botox ed emicrania.

Nell’ottobre del 2010, l’FDA ha approvato il Botox per la prevenzione dell’emicrania cronica, un disturbo neurovascolare invalidante, che colpisce lo 0,9-2,2% della popolazione adulta. Più precisamente, si parla di emicrania cronica in presenza di mal di testa, che si manifesta per almeno quindici giorni al mese e per più di tre mesi, sotto forma di emicrania per almeno otto giorni al mese.

Approfondisci  le caratteristiche dell'emicrania cronica.

Secondo l’ipotesi più accreditata, il botulino preverrebbe gli attacchi di emicrania e, quindi, il cronicizzare di questa patologia, bloccando il rilascio di acetilcolina a livello dei muscoli di testa e collo (la cui contrazione potrebbe scatenare l’attacco) e peptidi vasoattivi (CGRP, neurokinina A e sostanza P, ad azione infiammatoria), da parte del nervo trigemino (Szok et al., 2015).

L’attivazione di questo nervo, infatti, provoca il rilascio dei peptidi suddetti:

L’efficacia del Botox®, nella prevenzione dell’emicrania cronica è emersa da un importante studio clinico, noto come PREEMPT (Phase III Research Evaluating Migraine Prophilaxis Therapy), condotto da Dodick et al. (2010). Lo studio, coinvolgente 1384 adulti, è stato diviso in due parti: la prima, della durata di ventiquattro settimane, è stata condotta in doppio cieco; la seconda, della durata di trentadue settimane, è stata condotta in aperto, ovvero sia il medico che i pazienti erano a conoscenza del farmaco testato.

I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi: 686 trattati col Botox® (155-195U) e 696 col placebo, ogni dodici settimane. Dallo studio è emerso che:

  • il botulino ha ridotto la durata della cefalea, in modo significativo rispetto al placebo (meno 8,4 giorni/mese rispetto a meno 6,6 giorni/mese);
  • alla ventiquattresima settimana, il 47,1% dei pazienti trattati col botulino ha presentato una riduzione, maggiore del 50%, dei giorni con emicrania (rispetto al 35,1% del placebo);
  • alla fine dello studio in aperto, la percentuale dei pazienti che ha raggiunto tali effetti è salita al 70%;
  • gli effetti avversi sono comparsi nel 62,4% dei pazienti trattati col Botox® (3,8% gravi) e nel 51,7% dei pazienti trattati col placebo (1,2% gravi).

I risultati ottenuti da Dodick e colleghi sono stati confermati da tudi iù recenti, alcuni dei quali hanno preso come modello di riferimento proprio il PREEMPT (Boudreau et al., 2015; Russo et al., 2016).

Secondo le linee guida dell’FDA, la dose massima utilizzata oscilla tra 155U e 195U per ciclo, da iniettare nei muscoli del collo e della testa (per un totale di 31 iniezioni a seduta), in modo da raggiungere le branche dei nervi trigemino ed occipitale, nonché le fibre sensoriali del midollo cervicale. Si effettua un ciclo ogni dodici settimane.

Effetti del botulino sulle disfunzioni urogenitali.

La tossina botulinica è altresì utilizzata per il trattamento dell’incontinenza urinaria, associata a diverse condizioni, quali:

In questi casi, la tossina botulinica è in grado di rilassare la muscolatura liscia della vescica, bloccando il rilascio di acetilcolina. Ma c’è dell’altro!

Dai dati presenti in letteratura, emerge che il botulino non solo è efficace nel mantenere sotto controllo i sintomi, ma rappresenta un barlume di speranza nei pazienti in cui la terapia anticolinergica, ovvero quella di prima scelta, è risultata inefficace o ha portato alla comparsa di gravi effetti avversi (Liao et al., 2016). Analizziamo alcuni casi.

In particolare, in uno studio clinico, della durata di quattro anni, Rovner et al. (2016) hanno valutato gli effetti a lungo termine del Botox®, in 227 pazienti affetti da NDO. Questi ultimi hanno ricevuto 1,4-1,5 trattamenti di botulino all’anno (per un totale di 200-300U) e sono stati sottoposti a visite annuali.

Dai risultati è emerso che:

  • gli episodi d’incontinenza, durante i quattro anni, sono passati da 4,3/die a 3,4-3,9/die;
  • in una percentuale consistente di pazienti, l’incontinenza è stata ridotta del 50-100%, e questi miglioramenti sono stati registrati in ognuno dei quattro anni;
  • la durata media degli effetti era all’incirca di nove mesi ma, in più del 26% dei pazienti, era di circa un anno;
  • si è avuto un miglioramento significativo della qualità della vita, benché in alcuni casi si siano manifestate infezioni delle vie urinarie (uno dei principali effetti avversi associati al trattamento);
  • l’efficacia a lungo termine del botulino, in questo disturbo, è stata confermata da uno studio clinico - seppur di dimensioni inferiori - di Leitner et al. (2016).

Invece, in uno studio multicentrico (Nitti et al., 2016), della durata di 3,5 anni, è stata valutata l’efficacia a lungo termine del Botox®, in pazienti affetti da OAB. Così è stato dimostrato che la somministrazione di 100U di tossina:

  • ha ridotto gli episodi giornalieri d’incontinenza;
  • ha avuto effetti della durata media di 7,6 mesi;
  • ha ridotto la cateterizzazione dal 4% allo 0,6-2,7%;
  • ha migliorato la qualità della vita, benché si siano manifestate infezioni del tratto urinario.

Come terzo esempio citiamo Hsiao et al. (2016), i quali hanno somministrato il Botox® a 89 pazienti con OAB, refrattari al trattamento con anticolinergici. I pazienti sono stati monitorati per tre mesi, in seguito al trattamento, e dai dati raccolti è emerso che:

  • il 63,8% ha risposto alla terapia, con un miglioramento dell’urgenza e della capacità funzionale della vescica, ed una riduzione dell’incontinenza;
  • gli effetti sono durati circa sei mesi;
  • benché la qualità della vita sia migliorata notevolmente, i pazienti avevano difficoltà a svuotare completamente la vescica, con conseguente aumento del volume residuo post-minzione e rischio d’infezione urinaria.

Ancora, Hoag et al. (2016) hanno riportato gli effetti del botulino in quattro uomini, sottoposti a cistectomia radiale e ricostruzione della vescica, e soggetti ad incontinenza urinaria dovuta all’urgenza della minzione. In seguito al trattamento, ciascuno di essi ha espresso un punteggio riguardo i miglioramenti apportati, il PGI-I Score (Patient Global Impression of Improvement):

  • 2 (much better, molto meglio) in un solo caso, in cui la somministrazione di 200U di botulino ha portato alla completa scomparsa dei sintomi e ad un aumento della capacità della neovescica da 250mL a 350mL;
  • 3 (a little better, leggermente meglio) in due casi, nei quali si è registrato un leggero miglioramento globale;
  • 4 (no change, nessun cambiamento), in un caso.

In Italia, il Ministero della Salute ha approvato l’uso intravescicale del botulino solo per le disfunzioni neurogene; in tutti gli altri casi, benché ne sia stata dimostrata l’efficacia clinica, l’uso è off-label, quindi avviene sotto la diretta responsabilità del medico e dietro consenso informato del paziente.

La seduta, condotta in anestesia locale o sedazione, prevede l’iniezione intravescicale di 100U (per l’OAB) o 200U di Botox® (per NDO e neovescica ortotopica iperattiva); qualora il paziente non riuscisse ad urinare spontaneamente, nella mezz’ora successiva al trattamento, si dovrà ricorrere alla cateterizzazione (24-48 ore).

Gli effetti del botulino compaiono dopo circa due settimane e variano da 5-6 mesi per l’OAB, a 8-10 mesi negli altri casi. Un nuovo ciclo d’iniezioni può essere effettuato appena svaniti gli effetti, purché siano trascorsi almeno tre mesi dal trattamento precedente.

Il Botox® aiuta contro l’ipertrofia prostatica benigna?

L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è un ingrossamento della prostata dovuto alla proliferazione smodata delle sue cellule, più precisamente quelle della zona di transizione (la parte centrale a contatto con l’uretra), sotto lo stimolo degli androgeni. L’aumento del volume prostatico causa la compressione dell’uretra, con conseguenti difficoltà urinarie (sintomi ostruttivi) e aumentata contrattilità della vescica (sintomi irritativi).L’impiego della tossina, nel trattamento di questa condizione, si basa sul fatto che l’acetilcolina è implicata nell’accrescimento della prostata; la soppressione del suo rilascio, quindi, provocherebbe una riduzione del volume prostatico e dei sintomi associati.I primi a studiare le potenzialità cliniche del Botox® nella terapia dell’IPB sono stati Maria et al. (2003): in questo studio, 30 pazienti sono stati trattati col placebo o con 200U di botulino. Dopo due mesi, 13 pazienti trattati con la tossina e 3 col placebo, hanno avuto un miglioramento della sintomatologia e una riduzione, pari al 51%, dell’antigene prostatico (un marker di tumore alla prostata). Dai dati ottenuti, quindi, il botulino risultava efficace. Studi successivi, purtroppo, hanno confutato questi risultati, dal momento che non sono state riscontrate differenze significative tra gli effetti della tossina e quelli del placebo, il quale - per motivi ancora sconosciuti - era molto forte nei pazienti coinvolti (Marberger et al., 2013; McVary et al., 2014; Shim et al., 2015; Hsu et al., 2016).Per tale motivo, il Botox® è considerato inefficace nell’ipertrofia prostatica benigna!Dopo questa precisazione, riprendiamo il percorso che ci porta a conoscere i tanti usi della tossina botulinica!

Botulino e disturbi neuromuscolari.

La tossina botulinica, grazie alla capacità di bloccare il rilascio di acetilcolina e, quindi, la contrazione dei muscoli bersaglio, rappresenta un valido rimedio in caso di disturbi neuromuscolari come:

Le evidenze a supporto dell’efficacia del botulino, nei disturbi sopracitati, sono numerose: diversi studi clinici, infatti, mostrano come la tossina sia in grado di ridurre gli spasmi e l’ipertono muscolare, migliorando la qualità della vita del paziente.

Vediamo in dettaglio alcuni studi al riguardo:

In uno studio clinico della durata di quattro anni (Choe and Kim, 2016), 26 pazienti colpiti da spasmo emifacciale sono stati trattati con una dose media totale di botulino pari a 28,6U, inoculato in 22,6 siti muscolari. In buona parte dei pazienti, si è osservata la remissione dei sintomi entro la prima settimana e gli effetti sono durati all’incirca sette mesi.

Charles et al. (2012) hanno organizzato uno studio clinico, della durata di venti settimane, diviso in due parti: la prima condotta in aperto (per selezionare i pazienti idonei), la seconda in doppio cieco. In quest’ultima, della durata di dieci settimane, 170 pazienti con distonia cervicale sono stati randomizzati in due gruppi: il primo trattato col placebo (82) e il secondo col Botox® (88). Nei pazienti trattati con la tossina, è stato riscontrato un miglioramento significativo dei punteggi calcolati, ovvero:

  • Cervical Dystonia Severity Scale (meno 1,81 rispetto a meno 0,31);
  • Global Assessment Scale (61,7% rispetto a 41,6%).

In sintesi, i botulino è risultato efficace e sicuro, benché in alcuni pazienti abbia provocato la comparsa di rinite e difficoltà di deglutizione.

  • 39 pazienti affetti da blefarospasmo sono stati sottoposti ad iniezioni di Botox® a livello della palpebra e del sopracciglio (non più di sedici in oltre due anni di studio). La tossina ha ridotto i movimenti anomali della palpebra, in tutti i pazienti, e tali effetti sono durati circa 170 giorni. Gli effetti avversi, manifestatisi principalmente nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico, includevano lacrimazione, occhio secco e cedimento temporaneo della palpebra (Scott et al., 1985). Pochi altri studi clinici sono stati condotti a riguardo: infatti, poiché il Botox® possiede un’efficacia clinica comprovata, ulteriori indagini verrebbero considerate eticamente scorrette (Costa et al., 2005).
  • Kaku and Simpson (2016) hanno pubblicato un articolo sui benefici della tossina botulinica nella spasticità post-ictus degli arti superiori ed inferiori. Gli effetti del Botox® sono stati ampiamente valutati in studi clinici controllati e randomizzati, dai quali è emerso che la tossina riduce, significativamente rispetto al placebo, la spasticità degli arti inferiori e superiori, in modo dose-dipendente, cioè proporzionale alla quantità di sostanza assunta (Childers et al., 2004; Dunne et al., 2012; Simpson et al., 2009; Kaji et al. 2010).
  • In uno studio clinico di Fietzek et al. (2014), condotto in doppio cieco, è stata valutata l’efficacia del Botox® nella spasticità del piede equino su 52 pazienti. Questi sono stati randomizzati in due gruppi: l’uno trattato col placebo e l’altro col Botox® (230U per il piede equino unilaterale, 460U per quello bilaterale). Il trattamento con la tossina ha ridotto, significativamente rispetto al placebo, la spasticità muscolare.

Ma, in Italia, qual è la posizione della legge al riguardo?

La normativa italiana approva l’uso del botulino nelle seguenti condizioni:

Quali sono le potenzialità della tossina botulinica nel trattamento della scialorrea?

La scialorrea è l’eccessiva secrezione di saliva che si riscontra in diverse patologie neurologiche, quali:

Sai che la tossina botulinica può rivelarsi utile per questo problema? Infatti, poiché la salivazione è sotto diretto controllo dell’acetilcolina, il botulino - bloccandone il rilascio - ridurrebbe l’attività delle ghiandole salivari.

Anche in questo caso, gli effetti sono stati discussi in letteratura. In particolare:
  • in tre bambini affetti da paralisi cerebrale, l’iniezione di 40-50U di botulino nelle ghiandole sottomandibolari ha ridotto la salivazione del 51-63%, con una durata degli effetti di circa 4-7 mesi; inoltre, l’uso della tossina è associato ad una minore insorgenza di effetti avversi, rispetto alla scopolamina, un farmaco ad azione anticolinergica (Jongerius et al., 2001-2004);
  • in dieci pazienti affetti da SLA, l’iniezione di Botox® nelle ghiandole parotidi (14-40U per ghiandola) e sottomandibolari (10-15U per ghiandola) ha ridotto la secrezione di saliva per 4-7 mesi (Porta et al., 2001);
  • la somministrazione di 30U di Botox® ha ridotto la secrezione di saliva, in quindici pazienti Parkinsoniani. Gli effetti, della durata di 2-6 mesi, erano di maggiore entità nel gruppo in cui la tossina è stata veicolata con gli ultrasuoni, rispetto all’iniezione classica (Dogu et al., 2004).

Vogliamo precisare che, al momento, la normativa italiana non prevede l’impiego del botulino nella scialorrea, pertanto, l’uso è off-label nel nostro Paese!

Reazioni avverse e controindicazioni del botulino.

Come abbiamo visto, il botulino può essere veramente utile in svariate patologie, in quanto - oltre a tenerne sotto controllo i sintomi - migliora la qualità della vita di coloro che si sottopongono al trattamento. Tutti pro e nessun contro, allora? Purtroppo no.

Analogamente ad altri farmaci, l’uso della tossina - per quanto vengano rispettate le precauzioni richieste dal caso (dosi massime, siti e modalità d’iniezione) - non è certo privo di effetti indesiderati, alcuni dei quali molto gravi.

Le reazioni avverse possono manifestarsi sia a causa della modalità di somministrazione (dolore durante l’iniezione, arrossamento, emorragie ed ematomi), sia a causa della diffusione del farmaco nei muscoli vicini e, per tali motivi, strettamente dipendenti dall’indicazione considerata. In genere, tali effetti si manifestano a distanza di pochi giorni e sono temporanei.

Quali sono, quindi, i rischi associati all’uso della tossina? Diamo uno sguardo alla tabella!

Reazioni avverse associate alle iniezioni nel volto (blefarospasmo, spasmo emifacciale).
Comuni e molto comuni:
  • ptosi, ovvero l’abbassamento della palpebra o del labbro superiore;
  • gonfiore del volto, irritazione ed ematomi;
  • lacrimazione, secchezza oculare e difficoltà nel chiudere gli occhi.
Non comuni e rare:
  • disturbi della visione (visione doppia o offuscata), infiammazione o ulcera della cornea, gonfiore e movimenti anomali delle palpebre, aumento della pressione endoculare;
  • capogiri, stanchezza e debolezza dei muscoli facciali;
  • eruzioni cutanee.
Reazioni avverse associate alle iniezioni nella testa e nel collo (distonia cervicale).
Comuni e molto comuni:
  • dolore durante l’iniezione;
  • nausea e disfagia (ovvero difficoltà di deglutizione);
  • capogiro, stanchezza, malessere generale e debolezza muscolare;
  • sindrome influenzale.

Non comuni e rare:

  • diplopia (visione doppia);
  • abbassamento vocale;
  • febbre;
  • respiro corto.
Reazioni avverse associate alle iniezioni nell’arto superiore (spasticità post-ictus).
Comuni e molto comuni:
  • dolore, bruciore, ematomi o sanguinamento nel sito d’iniezione;
  • debolezza muscolare;
  • febbre e sindrome influenzale.

Non comuni e rare:

  • eruzioni cutanee e prurito;
  • gonfiore alle estremità;
  • cefalea, stanchezza, malessere generale e nausea;
  • pressione bassa, cui possono conseguire capogiro e svenimento;
  • sintomi nervosi, quali depressione, insonnia, deficit della memoria e incapacità di coordinare i movimenti.
Reazioni avverse associate alle iniezioni negli arti inferiori (spasticità da piede equino).
Comuni e molto comuni:
  • dolore nel sito d’iniezione;
  • infezioni virali o a carico dell’orecchio;
  • stanchezza e malessere generale;
  • dolore e debolezza muscolare;
  • incontinenza urinaria;
  • torpore e formicolio;
  • problemi dell’andatura e cadute.
Reazioni avverse associate alla profilassi dell’emicrania cronica.
Comuni e molto comuni:
  • eruzioni cutanee e prurito;
  • dolore nel sito d’iniezione;
  • paradossalmente, emicrania;
  • problemi muscolari, quali dolore, debolezza, spasmi e rigidità;
  • ptosi della palpebra.

Non comuni e rare:

  • disfagia;
  • gonfiore delle palpebre;
  • dolore cutaneo o mascellare.
Reazioni avverse associate al trattamento delle disfunzioni della vescica.
Comuni e molto comuni:
  • infezioni urinarie;
  • dolore durante la minzione;
  • svuotamento incompleto della vescica;
  • sangue nelle urine;
  • stanchezza ed insonnia;
  • stitichezza;
  • debolezza e spasmi muscolari.
Reazioni avverse associate al trattamento dell’iperidrosi ascellare.
Comuni e molto comuni:
  • dolore nel sito d’iniezione;
  • vampate di calore e aumentata sudorazione in altre regioni corporee;
  • strano odore;
  • gonfiore, prurito, torpore e formicolio;
  • mal di testa e perdita di capelli.

Non comuni e rari:

  • dolore e debolezza muscolare;
  • nausea e problemi alle articolazioni.
Reazioni non correlate all’indicazione trattata.
  • Reazioni d’ipersensibilità più o meno gravi, che si possono manifestare con gonfiore della faccia o della gola, rantolo e respiro corto;
  • insufficienza respiratoria;
  • polmonite da aspirazione, un’infiammazione dei polmoni causata dall’aspirazione accidentale di saliva, bevande e alimenti.

In sostanza, come possiamo ridurre al minimo i rischi associati al trattamento?

Può sembrare scontato, ma è di fondamentale importanza che lo specialista escluda subito la presenza di controindicazioni.

Vediamo quali sono:

allergie note ad una qualsiasi delle tossine botuliniche o agli eccipienti, come l’albumina,

patologie neuromuscolari di una certa entità, quali la miastenia grave e la sindrome di Eaton-Lambert, poiché la tossina - paralizzando la muscolatura - ne provocherebbe un peggioramento. In ogni caso, il paziente dovrà comunicare se, in passato, ha sofferto di debolezza e perdita di tono muscolare: in tal caso, sarà il medico a stabilire l’idoneità alla terapia,

infiammazioni muscolari o cutanee in atto, che potrebbero aggravarsi,

donne in gravidanza o nel periodo dell’allattamento, per mancanza di studi attestanti la sicurezza della tossina,

se il paziente ha subito degli interventi nell’area da trattare, se soffre di glaucoma o di patologie neurologiche (ad esempio, SLA e neuropatia motoria) o ha avuto problemi di deglutizione, è tenuto ad informare il medico, che deciderà se procedere o meno con le iniezioni,

assunzione di alcuni farmaci, quali aminoglicosidi, polimixina, lincosamidi, magnesio solfato e anticolinesterasi, poiché possono interferire con l’azione terapeutica del botulino.

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